Selenio, Zinco e Immunità
Il Selenio è in grado di potenziare la risposta anticorporale e, al tempo stesso, di svolgere un prezioso ruolo antinfiammatorio poiché, da un lato stimola la sintesi della glutatione perossidasi, il più importante enzima antiossidante delle nostre cellule e , dall’altro, incrementa la risposta dei linfociti Th1 e delle Cellule Killer.
Alcuni studi hanno dimostrato che il selenio è utile nelle malattie cardiache proprio per questa sua azione antinfiammatoria e antiaggregante. inoltre, altri studi hanno provato che la supplementazione standard si selenio (200 microgrammi al giorno) è in grado di ridurre l’incidenzadel cancro in diversi organi: polmoni, apparato gastrointestinale, prostata. Probabilmente proprio per il suo ruolo di attivazione della risposta Th1.
In ambito più strettaente immunitario, l’importanza del selenio è chiaramente dimostrata dalla constatazione che le persone, infettate dal virus dell’Aids che hanno nel sangue livelli più bassi di selenio, hanno anche una prognosi peggiore.
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Lo Zinco influenza sia l’immunità naturale che quella acquisita. Aiuta a mantenere l’integrità della cute e delle mucose. Esercita una diretta attività verso il rinovirus, il virus del raffreddore.
A seconda delle dosi, lo zinco è capace di svolgere funzioni opposte, di stimolazione o inibizione del sistema immunitario. E’ stato visto, infatti, che concentrazioni di zinco nel sangue di poco superiori alla norma hanno un effetto immunostimolante soprattutto della risposta Th1, mentre concentrazioni superiori a 8 volte quelle normali, sono in grado di spostare la bilancia sul piatto Th2.
Quindi, lo zinco si presenta come un potente immunomodulatore naturale con diverse possibili applicazioni cliniche. Con una conseguente avvertenza: se è la dose che fa la differenza, allora attenzione, se si vuole usare lo zinco, ad esempio per proteggersi dai malanni invernali, soprattutto influenze e altre malattie virali, la dose giornaliera non deve superare 25-35 milligrammi per un periodo che non vada oltre le 2-3 settimane di cura. Dosi superiori e tempi più prolungati possono produrre l’effetto opposto.
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